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La società in cui viviamo è destinata ad essere sempre più complessa, pertanto la lettura degli eventi diventa sempre più difficile.

Ecco perché occorre fare delle premesse anche quando parliamo dei sistemi familiari.

Che cos’è la Famiglia?

Secondo l’approccio sistemico-relazionale i sintomi e il disagio del singolo individuo sono il risultato di un intersecarsi complesso tra esperienza soggettiva, qualità delle relazioni interpersonali più significative e capacità cognitive di autovalutazione della propria situazione.

Nell’ ottica della definizione del “ciclo vitale della famiglia”,  si presuppone nell’evoluzione del sistema familiare l’incontro con alcuni “eventi nodali” che, attraverso la disorganizzazione-riorganizzazione del sistema stesso, implicano il superamento di alcuni compiti di sviluppo, permettendo così il passaggio ad una fase successiva.

Alcuni autori distinguono gli eventi  in:  paranormativi e normativi.

Gabriella Sacchi, Psicologa

I primi riguardano tutto ciò che nel ciclo vitale, dalla nascita alla morte, può capitare ad una famiglia, ma non può essere previsto (morte di un figlio, incidente, etc.); i secondi rappresentano tutti quegli eventi che invece possono essere previsti.

La cosa importante da evidenziare e sulla quale tutti gli operatori sono d’accordo, è che  l’evoluzione del sistema familiare trova la sua comprensione nell’arco almeno di tre generazioni.

I sintomi di una persona, oltre ad esprimere in maniera metaforica il conflitto psichico soggettivo, acquisiscono una funzione precisa all’interno del sistema relazionale in cui emergono.

La famiglia, intesa come il sistema vivente di riferimento principale nell’esperienza emotiva di una persona, è il primo contesto esperienziale all’interno del quale i sintomi assumono una funzione precisa per il funzionamento relazionale del gruppo di persone che ne fanno parte.

I conflitti che tendono a disgregare il sistema-famiglia creano una tensione emotiva che di solito viene vissuta in termini drammatici dal soggetto portatore del sintomo; egli si fa carico, attraverso la manifestazione dei sintomi, di distogliere i membri della famiglia dall’affrontare in modo manifesto le proprie difficoltà di relazione, accentrando l’attenzione su di sé.

Il sintomo ha quindi una doppia valenza: segnala alla famiglia l’esistenza di un disagio e, nello stesso tempo, rende innocuo il suo potere distruttivo, accentrando su di sé tutte le preoccupazioni egli altri membri.

Secondo l’approccio psicoanalitico, Nella famiglia, in particolare, assumono importanza nel creare disfunzioni e disturbi le confusioni fra ruoli e funzioni adulte ed infantili (ad esempio la funzione di un padre assente assunta impropriamente da un figlio maschio che, facendo un salto generazionale, diventa il marito-figlio della madre; oppure un figlio che addirittura vuole insegnare ai propri genitori come essere genitori, eseguendo un doppio salto generazionale andando a ricoprire il ruolo proprio dei nonni).

L’intervento tende a diminuire le confusioni ed a favorire la maturazione di funzioni genitoriali distinte dalle componenti infantili, per ricostituire un contenimento sufficiente che riduca gli ostacoli e faciliti l’evoluzione del gruppo-famiglia e dei suoi membri.

L’approccio strutturale, promosso e sviluppato da Salvador Minuchin (e in Italia sviluppato da Maurizio Andolfi), si focalizza principalmente sul concetto di “distribuzione del potere” interno ad ogni sistema-famiglia. Privilegia la ristrutturazione dell’intero sistema attraverso la ricerca di condivisione di obiettivi, da attuarsi mediante una cooperazione tra tutti i membri della famiglia. Per Minuchin il sistema-famiglia è definito come: […] l’invisibile insieme di richieste funzionali che determina i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono.

Questo approccio, sviluppato da Murray Bowen, è noto soprattutto per aver fatto del genogramma familiare lo strumento principale di comprensione delle dinamiche familiari. Bowen lavora prevalentemente sulla necessità di differenziare il più possibile i singoli membri del sistema-famiglia. Secondo Bowen, infatti, le principali cause di comportamenti distonici all’interno di una famiglia derivano dalla mancata realizzazione del così detto “svincolo” di uno o più membri. Una delle tecniche messe a punto da Bowen consiste nell’individuare un singolo membro della famiglia, con lo scopo che questi possa cambiare le “regole” familiari fino a quel momento adottate.

Tutti i modelli proposti potrebbero, paradossalmente, portarci anche fuori strada e farci perdere nel mare della complessità.

E allora da dove possiamo partire? Quali possono essere le soluzioni possibili?

Forse occorre uscire dai ritmi convulsi, da questa dimensione temporale frenetica che rischia di schiacciarci tutti, per ritrovare il valore del fermarsi  ad ascoltare (e riconoscere) un’altra persona che ti parla, che ti propone qualche piccola soluzione per i problemi immediati e, via via, più impegnativi.

Occorre accorgersi della possibilità che è proprio il mondo affettivo-relazionale quello che può salvare, non solo  quelli che si sono persi per strada , ma anche, quelli del front office che vengono chiamati addetti ai lavori.

                                    Dott.ssa Gabriella Sacchi

Psicologa Resp. Unità Operativa Educazione alla Salute Aziendale  ASP 1 Agrigento

amministratore Ottobre - 13 - 2011

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